Perché avremmo una mente se non per fare a modo nostro?
(Fedor Dostoevskij)

venerdì, 31 maggio 2013

storie | di me

1/365 – coffee

L’idea è di postare una volta al giorno da qui ai 40 anni una cosa che vorrei imparare/fare/vedere nella mia vita, e tra un anno vedere se sono riuscita a farne qualcuna.

La prima è che mi piacerebbe tanto imparare a fare il caffè con la macchina del bar. Macchiato schiumato.

giovedì, 31 gennaio 2013

storie | degli altri, di Pinocchi & pugili, vissute

+1

Un anno fa arrivava il piccolo Enea, altrimenti detto il bambino più sorridente del mondo.

Gestirne due ha ridefinito ulteriormente le mie priorità, e il blog è finito in fondo. Pazienza.

Una cosa temevo più di tutte, di voler più bene a uno dei miei figli. Invece, hanno ragione i baci perugina: l’amore si moltiplica, non è una quantità finita da suddividere. E ho imparato che si può voler bene incommensurabilmente ad entrambi, in maniera inspiegabilmente diversa.

giovedì, 1 marzo 2012

storie | sentite

4/3/43-1/3/2012

Te voglio bene assai
Ma tanto ma tanto bene sai
E’ una catena ormai
Che scioglie il sangue dint’e vene sai

 

venerdì, 17 febbraio 2012

storie | di Pinocchi & pugili, vissute

La visita alla puerpera: dos and don’ts

Voglio essere sicura di non perdermelo nella rete 😛 

Ci sono due tipi di visitatori che si presentano a casa della puerpera – Vengo a farti una visita.

 

In realtà ce n’è molti più di due di tipi, ma questi sono i più notevoli, ovvero la summa dei comportamenti abissalmente sbagliati e magnificamente corretti da adottare in simile circostanza.

 

Il primo tipo è quello del Visitatore Molesto. Il VM riesce a fare tutte queste cose e anche di peggio, con un po’ di concentrazione:

 

  • Arriva a casa senza preavviso, e alle ore più improbabili, tipo le 13 – “Mica stavi mangiando??” o le 21 – “Scusa, è un po’ tardi, ho finito adesso al lavoro
  • Viene portandosi dietro il figlio cinquenne, che per tutta la durata della visita tenta più e più volte di sopprimere il neonato  lanciandogli biscottini e infilandogli dita nella pancia, nella fontanella, negli occhi. Poi, a un certo punto, il bambino si illumina e chiede alla propria madre: “Mamma, posso prenderlo in braccio?”  La VM lo guarda rapita e, ignorando la presenza della puerpera,  gli risponde di slancio: “Ma certo, amore!”. In questi casi la puerpera si impone, e spesso il siparietto si chiude con un incidente diplomatico, sgradevole ma necessario ai fini della sopravvivenza del neonato.
  • Porta un regalo. E’ un giocattolo di plastica con cinque lucine intermittenti e quindici diverse melodie. Mentre la puerpera medita la rimozione forzata delle batterie, VM proclama trionfante che il giocattolo funziona a energia solare e si autoricarica se piazzato davanti alla finestra: “Praticamente non si spegne mai!”
  • Alla proposta della puerpera “Faccio un caffè?” VM risponde “Io se possibile un tè, grazie, e con una fettina di limone se ce l’hai”
  • Si avvicina al neonato di pochi giorni facendo smorfie ridicole, e strilla di gioia perché “Mi ha sorriso, guarda!” La puerpera lo osserva perplessa (un neonato che sorride a tre settimane?) ma glissa. Il VM, nel frattempo, mantiene una distanza di dieci centimetri dalla faccia del piccolo, ignaro di qualsiasi regola igienica e di profilassi antibatterica.
  • Mentre rimane alla stessa distanza, squilla il cellulare. Il VM lo estrae dalla tasca mentre una fragorosa suoneria trapana le orecchie dei presenti, e rimane abulico a osservare numero e nome del chiamante, per qualche secondo,  lasciando la suoneria a fare il suo dovere  a pochi centimetri di distanza dal neonato.
  • A questo punto il neonato piange. VM commenta: “Eh, ma quanto piange ‘sto bambino!”.
  • Dopo qualche secondo di osservazione, sentenzia: “Certo che piange: non lo sai tenere!” E se lo prende in braccio,  mettendo in scena una dimostrazione a beneficio della puerpera, che se è primipara vacilla sotto il peso di monumentali insicurezze, se invece ha esperienza osserva placida, e finisce per notare una similitudine tra VM e Chef Tony e i suoi coltelli, ma tace.
  • Nota a margine: in alcuni casi, il neonato irriconoscente a questo punto, effettivamente, cessa di piangere. La puerpera incassa, registra il tradimento e pianifica vendetta da consumare in futuro (tipo il giorno che  il figlio porterà la prima volta a casa la fidanzata).
  • La visita dure due o tre ore, durante le quali VM parla incessantemente dei propri problemi in famiglia/al lavoro. Non si cura degli sbadigli della puerpera, se non al decimo, quando lo sottolinea con un: “Ma che sonno hai!!”
  • Quando la puerpera si appresta ad allattare, tira fuori una serie di dogmi sull’allattamento che, come appare evidente, la puerpera ignora del tutto.  “Ma stai bevendo almeno un litro di latte al giorno? Non è che mi mangi il cavolfiore, eh? E la birra, mi raccomando, che fa latte!” e altre varie oscenità, per poi concludere: “E’ per quello che poi ha mal di pancia, sai?
  • A un certo punto si alza e dice che gli dispiace ma deve proprio andare. La puerpera dissimula un sollievo profondo, presto vanificato dalla frase “Ma torno presto, se ti fa piacere!”
  • Sul pianerottolo, in attesa dell’ascensore, si volta per l’ultima volta e conclude: “Riposati eh? Che ti vedo parecchio stanca. Se vai avanti così poi ti finisce il latte”.

 

NB: ciascuno dei punti qui sopra sono frutto dell’esperienzadiretta, ovvero io sono stata omaggiata da gente simile negli anni, per fortuna distribuita su tre figli.

 

 

Contro il VM, esiste la specie del  V Perfetto. Se siete in procinto di far visita a una puerpera, segnatevi qualcuno dei punti qui sotto.

 

  • VP arriva il giorno definito, comunicato con quarantott’ore di anticipo, all’orario concordato con la puerpera.
  • Si presenta con qualcosa da mangiare. Se la puerpera possiede già uno o più figli, si presenta con qualcosa da mangiare che piaccia anche ai bambini. Se poi ha una confidenza estrema, si presenta con qualcosa che piaccia a tutti e che possa sostituirsi a un pasto (tipo una teglia di lasagne). La puerpera accoglierà il pacco con gli occhi lucidi e includerà VP nel testamento.
  • Appena entrato in casa, VP esclamerà “Stai benissimo, come non avessi avuto un bambino!” Questo punto è di importanza vitale, e richiede credibilità completa. In nessun caso ci si può esimere, è tuttavia possibile moderare l’entusiasmo se la puerpera avesse accumulato oltre i trenta chili, e non fosse riuscita a smaltirli dopo il parto.
  • Con lo stesso entusiasmo, esclama che il neonato è “Bello come pochi” e si congratula con la puerpera per aver fatto un tale capolavoro.
  • Alla domanda “Faccio un caffè?” VP risponde “Ci penso io, tu quanto zucchero?
  • Domanda subito “Com’è andato il parto?” e si sorbisce un’ora di racconto nei dettagli, mostrando attenzione e facendo domande, e manifestando grande stima per il coraggio della puerpera, con momenti di esaltazione nei punti critici (scollamento delle membrane, fase espulsiva, applicazione dei punti, calcio in faccia all’ostetrica). Da questo punto sono caritatevolmente esentate le VP in gravidanza.
  • Non, per alcun motivo, racconta del proprio parto. E’ qui per far visita alla puerpera, non per mettersi in bella luce. Al massimo è concesso un "E’ successo anche a me" se finalizzato a tranquillizzare la puerpera.
  • Dopo un po’ tira fuori un pacchetto con, a scelta: una confezione di tre body in cotone biologico autolavabili oppure un tenero e minuscolo pupazzetto di stoffa con un remotissimo campanello interno, creato da designer tedeschi, atossico e lavabile.
  • Dopo venti minuti guarda l’orologio e dice: “Sono stato fin troppo, è ora di andare”. Rinuncia alla dipartita solo su insistente, sincera richiesta della puerpera.
  • Al momento comunque di andare, annuncia: “Sabato ho tre ore libere. Se ti fa piacere vengo, ti organizzi con le poppate così puoi andare a farti un giro/una ceretta/un sushi con tuo marito/ un sonno  contunuo senza sveglia”. La puerpera guarda VP incredula, si commuove, medita di mollare il marito e trasferirsi a casa di VP, a prescindere dal sesso.

https://www.facebook.com/notes/chiara-di-loreto/la-visita-alla-puerpera-dos-and-donts/10150603623357649

martedì, 31 gennaio 2012

storie | di Pinocchi & pugili, vissute

è arrivato il pugile

Stavolta in anticipo, alle 15.35 dopo soli 35 minuti di sala parto ecco giungere Enea, 3.785 chili poi corretti in 3.875 per 51 cm di lunghezza, pugnetto all’aria (almeno ha smesso la posizione di difesa dai ganci al viso riscontrata in ecografia).

 

Si deduce che:
– qui piccoli non ne facciamo;
– i ritardi non sono geneticamente contemplati;
– i miei figli hanno una predilezione per l’ultimo giorno del mese.

lunedì, 30 gennaio 2012

storie | di me, vissute

sogni

Io sono una che non ricorda i suoi sogni. Mai. Eccezioni: entrambe le gravidanze e una sola volta antecedente (immagini confuse ma dal significato molto chiaro). Quelli delle gravidanze sono diversi: totalmente assurdi, li ricordo con grande vividezza e ricchezza di dettagli. Poi svaniscono anche loro, infatti non ricordo più quelli della prima né il primo della seconda.

Quindi almeno mi segno quello dell’altro giorno. Gli interpreti di sogni sono avvisati: il significato recondito mi è decisamente sfuggito.

Devo andare a trovare Luca Sofri. Entro in questo palazzo (più o meno nella via dove credo che abiti veramente che è dietro dove abitavo e abiterò), aspetto la portinaia, non arriva, salgo una scala ma è la scaletta che porta nella camera dei bambini della portinaia.
Scendo e trovo la portinaia che mi indica l’ascensore, salgo al 12° piano.
esco dall’ascensore e mi trovo all’incrocio di 4 corridoi enormi in stile neoclassico (sembra più un palazzo istituzionale tipo Parlamento che d’abitazione). Di fianco a ogni porta (meglio portone) c’è un ‘cartellino’ con il nome ma in realtà sono cartelli enormi e pure a specchio per cui quando leggi il nome in realtà non corrisponde a quella porta lì (qui c’è un errore delle leggi della fisica ma è un sogno, non ci posso far nulla). Non so bene che fare quindi apro la porta che dà sulle scale e in quel momento dalle scale stanno salendo un tizio che nel sogno conosco benissimo (ma in realtà non ho idea di chi sia, la sensazione è stata stranissima) e dietro Luca Sofri, che apre la porta in cima alle scale.
Poi siamo in un salotto e io gli propongo una rubrica sul Post riguardante maternità pre e post partum, possibilmente un po’ più originale del genere Raznovic e gli dico che comunque io scrivo in un italiano più corretto e per inciso sottolineo che sul post ci scrivono poche donne e che se insomma io non vado bene potrebbe farla scrivere a Francesca Sanzo che è più nota e molto brava.

Fine.

Forse voglio solo cambiare lavoro o sono esasperata dalle banalità sulla maternità.

Voto per la seconda.

mercoledì, 18 gennaio 2012

storie | vissute

paragoni azzardati, o forse no

Da ieri il comandante De Falco è un eroe per alcuni (la maggioranza) o uno che voleva pararsi i fondelli visto che la telefonata era registrata (per alcuni). Le solite esagerazioni.

A me è piaciuto. Ma mica perché ha fatto il cazziatone a un incompetente (cosa opportuna) o perché ha preso in mano la situazione (cosa doverosa). Solo perché ha seguito, ribadito e cercato di far eseguire la procedura e le regole, che in Italia quasi tutti ignorano regolarmente – salvo urlare allo scandalo quando a causa di questo vengono fuori casini.

Per cui, caro collega bibliotecario che non chiedi i tesserini (per cui se succede qualcosa non si sa quanta gente c’è dentro), cara zia/nonno/amico/tassista che dai un passaggio a mamma con bambino senza seggiolino dicendo che tanto sono solo 200 metri (che potrebbero essere i 200 metri sbagliati e non quelli giusti), cara signora che mi chiedi di sganciare il mio passeggino dalla postazione di sicurezza sull’autobus per farci stare anche il tuo (che a una frenata brusca poi non si ribalta solo il tuo), ecco, cari voi, lo sapete cosa siete? Siete tutti tanti Schettino in piccolo, e scommetto che ora lo state demonizzando e non date del rompicoglioni a De Falco come invece lo date a tutti quelli che vi ripetono fino alla noia che le regole per la sicurezza ci sono per un motivo.

Quindi, caro comandante De Falco, grazie di aver fatto semplicemente il suo dovere, a nome di tutti i pochi cocciuti rompicoglioni italiani, che da oggi sì, hanno il loro eroe.