Perché avremmo una mente se non per fare a modo nostro?
(Fedor Dostoevskij)

venerdì, 18 febbraio 2005

storie | di biblioteca, vissute

sì, ho fatto lavori peggiori, ma mai con questi benefits!

Ora, vero che lavoro in un posto freddo e polverosissimo e i libri sono sporchissimi e tagliano le mani, MA non avevo preso in considerazione innanzitutto che ho il 50% alla libreria interna su alcune case editrici nonché allo spaccio interno su prodotti vari (devo appurare). Evvabbé, posso girarci intorno senza guardare, in fondo (diciamo che posso farcela per una settimana).

Ma se guardandomi negli occhi mi dicono ufficiosamente che ci sono 6 grossi scaffali di doppioni che vanno dalla collezione completa dei lavori femminili della Fabri a Cronin, Maria Corti, Eco, Austen, i Classici (tutto Cicerone, Aristotele, Platone ecc. ecc. ecc. – ok accanto a Lilli Gruber, vabbè), 6 grossi scaffali di doppioni che gli faccio un favore se li porto via, che devo fare? Dirgli di no?!?!?!? Vabbè stoica ma mica scema :oP

AAA cercasi spazi e/o scaffalature disponibili a gratis – astenersi bookcrossers super attivi che poi lo so come va a finire (sì sì i doppioni li libero :oD).

mercoledì, 16 febbraio 2005

storie | vissute

una famiglia di pazzi

Mia sorella sta commentando sistematicamente tutti gli ultimi post, uno per uno. E mi chiede pure delle cose. E io le rispondo, commento per commento.

Mia sorella in questo momento è al computer a circa 2 (DUE) metri da me.

Così quando le rispondo io dico ad alta voce ti ho risposto! così lo sa.

No è che i manicomi li hanno chiusi che eravamo piccole noi.

mercoledì, 16 febbraio 2005

storie | di biblioteca, di me

previsioni lavorative

Mi sto rendendo sempre più conto che è quasi impossibile un lavoro fisso o con un minimo di garanzie in questo campo, e sto seriamente prendendo in considerazione il lavoro di correttrice di bozze (sembra sia destino che io trovi meravigliosi e pure divertenti i lavori che fanno più schifo alla quasi totalità del genere umano).
Ovviamente un altro campo in cui non so manco da che parte cominciare ma vabbé. 

Vorrà dire qualcosa che io mi sia divertita da morire a correggere tutte le tesi dei miei amici…

Però non vorrei abbandonare assolutamente la catalogazione.

In fondo, ho passato un’intera estate da dodicenne cooptando pure mia sorella (povera) nello scantinato buio freddo e umido della biblioteca parrocchiale a Premeno a catalogare A MANO tutti i libri.

Un destino.

O meglio. Una completa idiota.

mercoledì, 16 febbraio 2005

storie | di biblioteca, vissute

ho fatto lavori peggiori

Orbene.

Ieri ho finito Eleçta. Non potevo augurarmi di meglio per iniziare ad imparare la catalogazione bibliotecaria, sia per la bellezza dei libri che per la complessità della situazione; è vero che ho tirato accidenti a tuttandare ma ho imparato anche diecimila volte di più.

Passare a quello che faccio ora è un tantino traumatico.
A parte che per andare in Rçs ci vuole una viiiiiiiita (intendo: PIù che andare in fondaz) e alla fine ti trovi davanti il palazzo più brutto ed (esternamente) fatiscente del mondo (pensate che la Mond sia brutta? Beh cè ancora di peggio). A parte che ho dovuto aspettare il tipo che doveva spiegarmi il lavoro per più di mezzora (ovviamente sono arrivata puntuale NONOSTANTE guasto della metro). A parte che nel frattempo mi sono dovuta sorbire indirettamente i consigli sentimentali che il portiere dava a un suo amico (no comment).

Quello che devo fare è stare in uno stanzone freddissimo a controllare che tutti i libri sugli scaffali siano stati catalogati nel database – e per fortuna che ho avuto la geniale pensata di dire di partire dalla stampata e spuntare o aggiungere i mancanti facendolo a scaffale, perché secondo loro dovevo fare avanti e indietro dal pc (che è in unaltra stanza) LIBRO PER LIBRO. Ci credo che secondo loro ci vuole un mese e passa.

Vabbè diciamo che è lideale per svuotare la mente.

E poi mi regalano il Corriere & allegati e pure la Gazzetta – anche se non me la voleva dare in quanto giovine fanciulla, ma io glielho chiesta – voglio dire, cera pure lInter in prima pagina! :oP

Cmq diciamocelo. Ho anche fatto lavori migliori!

martedì, 15 febbraio 2005

storie | vissute

brutte notizie e riflessioni

Oggi ero in fondazione e cè una tipa che ogni tanto lavora qui e han chiamato per dire che era mancato il marito. Io lei lho vista tre volte, non mi stava neanche simpaticissima perché se la tira un po e tende a schiavizzare la gente, ma la faccia che aveva… tra laltro qua non sapevano come dirglielo e lei ha saputo solo che era stato male da una chiamata sul cellulare allora la direttrice lha accompagnata al policlinico probabilmente pensando che se sveniva era meglio là che ci sono dei dottori, e più che altro so quello che adesso qui stan dicendo, che erano una coppia innamoratissima e che lui era sulla sessantina e stava bene eccetera. Una cosa veramente triste. Poi vedere quanto sono sconvolti in fondazione, e quanto si stanno sbattendo per fare cose per lei, e adesso vanno là altri due per aiutarla nelle cose pratiche, mi fa veramente rendere conto di cosa vuol dire lavorare qui rispetto a qualsiasi altro posto. E questa è una delle cose che mi sono venute in mente.

Inoltre.

Mio padre ha 58 anni. Mio padre è sovrappeso, ha il colesterolo alle stelle, la circolazione la pressione il cuore eccetera da tenere sotto controllo, il ginocchio che si fa i fatti suoi, suo padre è morto giovane per infarto, insomma di tutto di più, e se ne frega e mangia beve si incavola prende fa vive senza alcuna moderazione e bisogna fare i salti mortali per tenerlo un minimo, da un certo punto di vista è pazzesco, non conosco praticamente nessuno che aggredisce la vita, la divora in questo modo. Secondo il suo medico più o meno dovrebbe essere già morto. Il suo medico è suo cliente e lanno scorso gli ha detto che preferirebbe evitare farsi fare questanno la dichiarazione da qualcun altro. Questo un po lha frenato, diciamo per un paio di mesi, poi idem come sopra e tutto da capo. Poi vede i suoi amici sani come pesci, salutisti, sportivi morire di leucemia e posso anche capire che pensi a che cavolo gliene frega, almeno se lè goduta.

Però IO, invece, voglio che viva fino a 80 anni e passa, mi accompagni allaltare, inventi storie per i nipotini, finisca la casa in Toscana e cominci a costruire qualcosaltro che se smette comincierei davvero a preoccuparmi, voglio continuare a litigarci e discutere e mandarlo a quel paese e farmi infinocchiare su quanto ha mangiato e bevuto e vietargli di pucciare il sugo dellunto della padella e venire a tavola contento come un bambino chiedendo cosa cè oggi e allacciandosi la sua bavagliona antimacchie con gli occhi che gli brillano quando ci siamo tutti. Solo che mi sa che le cose sono un po incompatibili. E in fondo anchio mi dico che se deve passare i prossimi ventanni infelice e senza godersi le cose come finora… però accipicchia, ci son le vie di mezzo! Bisogna fargliela capire. Testone che non è altro.

giovedì, 10 febbraio 2005

storie | vissute

10 febbraio 2004

Saprai che tamo e che non tamo
perché la vita è in due maniere
la parola è unala del silenzio
il fuoco ha una metà di freddo
io ti amo per continuare ad amarti
per ricominciare linfinito
per non cessare di amarti mai
Per questo non tamo ancora
tamo e non tamo
come se avessi nelle mie mani le chiavi della gioia
ed un incerto destino sventurato.
Il mio amore ha due vite per amarti
per questo tamo quando tamo
per questo tamo quando non tamo.

(Pablo Neruda)

Questa è sempre stata (ed è ancora) una delle mie poesie preferite, una delle poche che so a memoria. Ci sono persone per cui lamore è così, o per le quali per amare bisogna soffrire o aver sofferto, o per cui lamore sono drammi, melodrammi, drammoni e litigate, amore/odio, ti lascio poi torno eccetera.

Non so, magari è così, eh, per carità, ho visto un sacco di film, ho letto una valanga di libri, conosco persone che lo vivono o lo hanno vissuto così.

Quello che ho imparato io in un anno è che amare vuol dire capirsi. Vuol dire non essere fraintesi. Vuol dire accettarsi. Vuol dire essere sé stessi. Vuol dire, anche, adattarsi. Vuol dire incrociarsi. Vuol dire essere anche amici. Vuol dire stimarsi. Vuol dire scoprire. Vuol dire condividere.

Vuol dire tantissime altre cose ancora, ma poi so che mi si imbarazza.
E, alla fine, vuol dire solo metterci niente a riabituarsi a dormire insieme e diverse notti a riabituarsi a dormire da sola.

Alla fine, vuol dire solo essere felici.

mercoledì, 9 febbraio 2005

storie | di me

programma spensieratezza abortito

Vediamo il lato positivo. Almeno è durato un finesettimana. Come primo tentativo non è poi così male (nota per me: evita le prossime volte di vomitare, rovina un tantino l’effetto).

mercoledì, 9 febbraio 2005

storie | di me

nozioni dall’inconscio

e nel penultimo post son riuscita a fare la distinzione esatta tra dolo, colpa cosciente e dolo eventuale.

Penale I me l’han marchiato a fuoco nel cervello.

martedì, 8 febbraio 2005

storie | di me

stavolta

basta. Stavolta me lo impongo.

L’unica cosa meno peggio – ma di poco – della gente che fa del male apposta è quella che lo fa senza volere, anzi la peggiore di tutte è quella che lo fa fregandosene se te lo fa o no.

A questo punto sta diventando farsi del male da soli.
E sinceramente ho gente migliore cui pensare.

Per cui vaffanculo. Per l’ultima volta.

E no, non lo spiego di che si tratta.