Perché avremmo una mente se non per fare a modo nostro?
(Fedor Dostoevskij)

giovedì, 21 maggio 2009

storie | di me, di Pinocchi & pugili, vissute

effetti collaterali

Degli ormoni in gravidanza si sa, e potrei diffondermi a lungo sui miei personali (Fede potrebbe ancora di più), ultimamente però sembravano più tranquilli.

Non trovo però altra spiegazione che non siano gli ormoni, per il fatto di essere scoppiata in calde lacrime dopo 5 minuti di Star Trek, quando lei (non dico troppo per non svelare nulla della poca trama presente) rimane sola durante il parto.
Qui potrei aprire una profonda analisi sul fatto che quello che gli uomini fanno per eroismo le donne definirebbero pirlaggine aggravata da ego ipertrofico, ma ho la vaga sensazione che non sarei la prima quindi amen.

In compenso, quando quella sera è risaltato fuori il mio ormai abituale crampo notturno – cito Fede:

Lucia al momento si diverte a fingersi acciaccata con varie patologie inutili da donna incinta.
la più interessante è quella che la porta a urlare nel sonno "CRAAMPOOOOO" e alzare contemporaneamente una gamba. non ho ancora capito se lei si sveglia, ma tendenzialmente l’effetto è che io, a mia volta, salti sul letto, le afferri il piede e riproduca scene che di solito si vedono solo nelle partite di calcio fra scapoli e ammogliati, nei supplementari.
Giorgio però sta bene, e probabilmente si gode lo spettacolo ridendo come un matto.

beh, quella volta Fede mi ha risposto ‘Beam me up, Scotty!’.

L’inconscio.

lunedì, 27 aprile 2009

storie | lette, vissute

com’è che nessuno ne parla?

La vicenda dell’acqua in vendita passa sotto silenzio, e non si sa come sia andata a finire.

Tutto il materiale che riesco a trovare risale ai primi mesi del 2008. Lo linko per non perderlo.

report (15/10/2006) – video (27/04/2008)
corriere.it (22/03/2008)

 

EDIT: trovato blog con aggiornamenti recenti, e il sito aggiornatissimo sull’acqua bene comune.

giovedì, 23 aprile 2009

storie | di me, vissute

casi unici

Ieri per la prima volta nella mia vita mi è capitato che saltando fuori in una conversazione che sono cattolica e praticante, la reazione sia stata di totale stupore, senza alcuna polemica, ma proprio come di una cosa, non so, quantomeno anacronistica, anzi no, fuori dal comune, stravagante.

Non so se sono io che lavorando dove lavoro do per scontate cose che non lo sono più, ma è stata una sensazione stranissima, davvero… straniante.

giovedì, 16 aprile 2009

storie | lette

interpretazioni

Leggo su corriere.it:

la società: «il consumatore si identifica»
Polemiche sulla birra che dà «coraggio»
Lo spot censurato dall’Osservatorio sulle pubblicità:
si vede un giovane che "punta" una procace mora

MILANO – Il manifesto sembra significare che, una volta bevuta, la birra Courage dà coraggio. Nel caso del protagonista dello spot, un giovane chiaramente timido e impacciato, potrebbe significare una "svolta": nel senso che la procace mora alla sua destra potrebbe finalmente accorgersi di lui… Una lettura che non convince l’Osservatorio britannico sulle pubblicità, che ha deciso di censurare l’immagine. La Advertising Standards Authority (ASA) ha accolto le proteste di alcuni cittadini secondo cui il manifesto può incitare (e legittimare) approcci grevi e molesti.

«GENTE SI IDENTIFICA» – La società Wells and Young’s, che produce la Courage, si è difesa sostenendo che il poster delinea una situazione in cui i suoi consumatori si possono perfettamente identificare e che lo slogan («Prendi "Coraggio" amico») è stato utilizzato in tutte le campagne pubblicitarie dal 1950 al 1980. «Siamo molto sorpresi dalla decisione dell’Asa sulla nostra pubblicità – ha detto il direttore marketing Chris Lewis -. Nulla lascia intendere che il nostro protagonista dica qualcosa di negativo alla sua partner o possa approfittarsi di lei». Alcuni (potenziali) consumatori non la pensano così. E il consumatore ha sempre ragione.

Io non capisco perché la procace mora si provi un vestito davanti a una persona con cui non sarebbe in confidenza, né perché lui dovrebbe molestarla per questo.

Ecco l’immagine:

la pubblicità della birra Courage

Allora, guardandola io ho pensato che il coraggio gli servisse per dire alla fidanzata che il vestito le sta da cani.

 

mercoledì, 15 aprile 2009

storie | vissute

fatti una vita

se la tua è così noiosa da non aver altro da fare che occuparti della mia.

 

oooooh un bel ritorno ai post acidi di una volta.

venerdì, 27 marzo 2009

storie | di biblioteca, vissute

rivelazioni

E’ una settimana che rimugino sull’ultimo post, sul fatto che il giorno prima avevo discusso con una non utente (cioè, non iscritta) che pretendeva di studiare lì e tanto a me che cosa mi importa, e sul commento di Iorek che in fondo è vero, ma chi me lo fa fare, e sul fatto che invece proprio non ci riesco. Avevo anche elaborato un’interessante teoria sul mio comportamento come ribellione inconscia al lassismo imperante e anche come ribellione politica antiberlusconiana – che comunque può tornare sempre utile.

Il fatto è che da due giorni sono in un altro istituto a sostituire un collega malato.
Qui non si sente volare una mosca.
Mi hanno chiesto se si poteva lasciare aperta la porta a fianco a me che cigolava, cosa di cui io non mi ero manco accorta, altro che disturbare.
I volumi sono in ordine perfetto perché gli utenti leggono il cartello che dice di non riporli.
Non devo discutere su nessuna regola del regolamento, né sui cellulari, né sui tesserini, né sulle borse (l’usanza è leggermente diversa qui ma più o meno ci siamo), e se putacaso devo rammentarle nessuno, nessuno, e ripeto NESSUNO si sogna di discuterle, ma si scusa (a volte vergognandosi pure un po’).
I docenti non solo si vedono qui e non chiamano per far eseguire i loro ordini, ma si vanno pure a prendere i libri da soli (tranne quelli molto anziani che a volte chiedono anche aiuto con le prenotazioni via computer, ma sempre senza pretese e scusandosi del disturbo), sono gentili, e addirittura fanno qualche battuta letterario-latinista con aria complice e non come se tu fossi una commessa schiava a loro disposizione. In più quando capiscono che non sei del luogo ti spiegano le particolarità della biblioteca e si scusano di seccarti se non sai dove si trova la tal sezione riservata (che, benché qui temporaneamente, comunque dovrei sapere…). Se poi vedono che sono incinta, si fanno in quattro per riporre loro i libri.

Un sogno. Un paradiso. Dovrei venire qui una volta a settimana come camera di decompressione per rendermi conto che la gente no, non è tutta come la mia utenza abituale.

Ma soprattutto allora… allora… NON SONO IO!!!

giovedì, 19 marzo 2009

storie | di biblioteca, vissute

lavoro in una biblioteca finta

E’ un po’ che non aggiorno sui miei utonti, non perché non abbia da raccontare ma perché mi cadono le braccia tra docenti che si fan fare la fotocopia della dichiarazione dei redditi, assistenti che pensano di essere padreterni e studenti a ruota. Piattume di no non ti lascio il tesserino perché ti ruberesti la mia anima, no la borsa me la tengo perché portare due libri a mano mi ucciderebbe, no il cellulare è collegato inscindibilmente al mio orecchio, no il libro me lo tengo quanto mi pare e degli altri chi se ne frega. Degli altri chi se ne frega è il leit motiv.

Ogni tanto però delle perle.

Luogo: sala riservata ai tesisti di giurisprudenza muniti di computer (cosa scritta in evidenza a caratteri cubitali, con aggiunta ‘chiedere agli addetti’), con accesso di fronte al banco addetti.

Entra figliuolo con zaino e va sparato alla sala.

Io: Scusi, la borsa va fuori e il tesserino all’ingresso…
Niente. Noto le cuffiette e sento la musica. Vado nella sala.
Io (sorridendo, che tanto è l’unico modo): Se il suo ipod è così alto che non ha sentito che l’ho chiamata, allora è decisamente troppo alto per una biblioteca (sorriso).
Lui (strafottente): Ma lei ha mai lavorato in una vera biblioteca?
Io (smetto di sorridere): Sì. E lì non dovevo sentire risposte come questa. Abbassi la musica, porti fuori la borsa e mi porti il tesserino, grazie.

Il tipo esce, mi lancia un tesserino e va agli armadietti delle borse.
Io: Ho bisogno del tesserino universitario, grazie.
Glielo rendo, mi las(n)cia quello universitario e entra nella sala.
Guardo il tesserino: lettere e filosofia.

Entro nella sala.
Io (esasperata ma neanche troppo incazzata): Lei non può stare qui, la sala è riservata ai tesisti di giurisprudenza con computer, ogni dipartimento ha i suoi posti riservati quindi cortesemente vada al suo.
Lui (strafottente): Ma l’ho sempre fatto.
Io: Si vede che ci è sfuggito che non era di giurisprudenza. Devo chiederle di andare alla sua facoltà.
Lui (strafottente): Io non me ne vado.
Io: Non può stare qui.
Lui (strafottente): Chiami pure la vigilanza.

Esco (furente), e chiamo il mio capo.
Capo: Segui la procedura, manda il tesserino in direzione e avvertilo che dovrà andarlo a ritirare lì così gli fanno la lavata di capo.

Prendo il tesserino, sto per scendere e il tipo passa (avantindrè, avantindrè, che bel divertimento…).

Io (seccata ma calma): Dovrà ritirare il tesserino in direzione.
Lui (strafottente): Perché?
Io (???): Perché lei non può stare lì.
Lui: Non alzi la voce con me!
Io (??????): Non ho alzato la voce.
Lui: Non si permetta!
e mi tira addosso l’elenco delle riviste.
Intervengono il mio collega e due studenti dicendogli di stare calmo. Questo con sorrisino strafottente bello pacifico rientra e si rimette in sala.

Chiamo il mio capo, lo porta fuori, gli parla e indovinate un po’? Il tipo mezz’ora dopo mi fa sì le scuse, ma è di nuovo dentro bello pacifico.

Ma chi me lo fa fare.

mercoledì, 18 marzo 2009

storie | vissute

effetti collaterali

Ieri mi trucco per la prima volta dopo mesi e a) mi cedono per la prima volta il posto sull’autobus b) il collega mi chiede se non sto bene.

Non so se ripeterò.

giovedì, 12 marzo 2009

storie | lette, vissute

sono demagogica

Diciamo che in tempi di crisi è chiaro che per recuperare i soldi da buttare per il ponte di Messina e per piazzare referendum a caso cioè intendevo in date per cui qualcunque italiano il cui QI è notoriamente sotto lo 0,1 non rischi di sbagliare tra schede e crocette (e in effetti se ha votato ‘sta gente non hanno tutti i torti a pensarlo tale) – mi sono persa… ah sì, potrei cominciare a considerare l’evasione fiscale* un’ipotesi da non trascurare, ma essendo dipendente, almeno che piglino i soldi dai 200.000 (hahahaha) italiani che dichiarano più di 120.000 euro l’anno. Eccheccazzo.

 

* specifico fiscale perché il trasferimento in altro Paese per donna incinta con lavoro e capacità scarsamente rivendibili direi che è escluso. Ma se avete notizie contrarie, sapete dove trovarmi.