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un uomo un genio

chi legge sa cosa penso di corriere.it e repubblica.it (errori di italiano, pulzelle seminude ovunque, giornalismo terra terra a livello di tappetino).

Nessuno poteva riassumerlo meglio di lui:

Questo blog non e’ una testata giornalistica: qui solo cose vere, e niente tette.

Mi prostro.

l’uomo del giorno per me è Chris Dodd (chi?)

Non che io non abbia capito i rischi della cosa e le conseguenze controproducenti, ma eccheccazzo, quando ce vo’ ce v’!

Dalla newsletter del sole24ore:

Wall Street sotto tiro. Norma inserita in extremis dal Congresso nonostante l’opposizione di Obama
Negli Usa stangata sui bonus

Marco Valsania
NEW YORK
La sorpresa di San Valentino, nel piano di rilancio dell’economia da 787 miliardi di dollari approvato dal Congresso, è nascosta tra spese per autostrade e sgravi fiscali per le famiglie. Un piccolo emendamento sfuggito ai più e inserito all’ultimo minuto da Chris Dodd, 64enne senatore democratico del Connecticut e presidente della Commissione bancaria. Ma per le banche è stato un regalo tutt’altro che gradito: d’ora in poi, recita, un’ampia fascia di top executive delle società che ricevono aiuti pubblici non potrà ottenere bonus in contanti, ma solo in azioni da incassare dopo il saldo di ogni debito con il governo. Simili premi non potranno comunque superare un terzo dei loro compensi annuali. E il provvedimento avrà valore retroattivo per le oltre 350 società, da gruppi bancari ad assicurazioni e case automobilistiche, già soccorse dallo scorso ottobre.
L’emendamento, che può colpire i cinque principali dirigenti e i venti executive più pagati, è l’ultima misura della rabbia politica e popolare suscitata dalle super-paghe dei re di Wall Street, oggi umiliati per le loro débâcle nel corso di audizioni parlamentari invece che celebrati sui mercati per le loro prodezze.
Il provvedimento è anche uno smacco per Obama: la Casa Bianca ha lavorato senza successo per cancellarlo, anche se il Presidente, si è appreso, firmerà martedì a Denver il piano di stimoli. Il timore è che il Congresso si sia spinto troppo in là, che scoraggi le istituzioni finanziarie dal ricorrere a fondi federali anche quando ne hanno bisogno e spinga chi ha già ottenuto aiuti a restituirli troppo in fretta. Una tendenza già affiorata di recente, con una ventina di gruppi che ha rinunciato a capitali pubblici nonostante ne avesse diritto pur di evitare "ingerenze" federali. Questa fuga minaccerebbe di indebolire un pilastro tanto cruciale quanto il pacchetto economico per spingere gli Stati Uniti fuori dalla crisi: il ministro del Tesoro Tim Geithner ha appena annunciato una nuova strategia volta a mobilitare 2.500 miliardi in fondi pubblici e privati per risanare l’alta finanza, tra cui nuove iniezioni di capitale nelle banche.
Geithner, nella strategia bancaria di cui ancora mancano molti dettagli, si è limitato a prevedere tetti di 500mila dollari ai compensi dei top executive di società che ricevono «assistenza straordinaria». Il Congresso ha invece ora preso di mira incentivi e bonus, che costituiscono gran parte dei compensi dei banchieri. I limiti colpiranno in pieno i gruppi che hanno ottenuto almeno 500 milioni. Non appena saputo del provvedimento Geithner e Larry Summers, il consigliere economico di Obama, si sono affrettati a chiamare Dodd per convincerlo a tornare sui suoi passi. Non c’è stato nulla da fare: «Le decisioni di alcuni dirigenti di Wall Street di arricchirsi alle spese dei contribuenti hanno eroso la fiducia del pubblico negli sforzi per restituire stabilità all’economia. Le nuove regole aiuteranno a garantire che i soldi dei contribuenti non servano più a finanziare i ricchi bonus di Wall Street».

update

Sul sito del Collettivo animalista gli sviluppi della vicenda, compreso il post di uno dei conduttori della trasmissione.

Per quanto mi riguarda, sì, se perdono il lavoro per questa faccenda, è giusto. Loro non sono dei ragazzini, si prendano la responsabilità di quello che fanno. Citando questo conduttore, no, non è da animalista far perdere il lavoro, ma è da sciocchi irresponsabili perderlo per non averci pensato. Come è da immaturi scaricare le colpe sugli altri e non prendersi le proprie responsabilità.

tempismo

è ordinare dal sito 10 degli ultimi album di eriadan da regalare per Natale e scoprire mezz’ora dopo che sabato prossimo è a Milano.

(ok non ci sarei potuta andare ma avrei mandato qualcuno).

(e no, non arriveranno in tempo da farmi almeno autografare la mia copia).

aggiornamento

Dai commenti del post precedente scopro la bella pensata di eliminare retroattivamente lo sgravio fiscale del 55% sull’efficienza energetica (non che io fossi distratta. E’ che continuo a leggere la stampa scandalistica e sul Corriere.it e la notizia non è stata in homepage finché non han fatto marcia indietro sulla retroattività. Lo so, lo so, passerò al Sole 24 ore). ‘na schifezza di idea, per dirla con un eufemismo.

Leggo anche che la retroattività è stata annullata per la protesta delle associazioni ambientaliste.

Cioè. Tutta la sinistra all’opposizione protestava per Sky, e per l’ambiente nessun politico si è preoccupato? Di bene in meglio.

oppoveri noi oppure oppovera sky?

Fingiamo per un attimo che a governare non sia Berlusconi & co.

Siamo in un periodo di crisi. Bisogna recuperare dei soldi. Toh guarda c’è un’attività che non si sa bene perché continua a pagare metà dell’IVA di tutti gli altri nonostante non sia certo più nuova iniziativa economica da aiutare.
[NOTA: che a mio parere l’IVA al 20% sia troppo alta è tutt’altro discorso, più generale e che vale per tutti i prodotti].

Ergo, i soldi prendiamoli da lì, anche perché non direi che si tratta di beni di consumo di prima necessità, anzi, io pensa un po’ vivo benissimo senza sky e non ne sento affatto la mancanza.
Mi sembra molto logico e anche sociale prendere i soldi da attività e beni SUPERFLUI. Puoi vivere senza, se proprio lo vuoi è una tua scelta e quindi la paghi: non stiamo parlando di sanità scuola latte pane ecc. ecc. Quindi non ho capito perché la sinistra protesta.
Un po’ come chi difende i poveri piccoli italiani che non possono più comprare l’LCD a rate. Quanto mi dispiace.

Perciò io direi che posso anch’io scrivere a segreteria.presidente@governo.it e dirgli che tutto il resto di quello che hanno fatto e stanno facendo mi fa abbastanza anzi decisamente schifo, ma che sono d’accordo su questo singolo e circoscritto provvedimento? O bisogna per forza stare contro a prescindere? Quand’è che la sinistra capirà che questo è il modo peggiore di fare opposizione? Eccheccazzo.

il bue che dice cornuto all’asino

pare che corriere.it abbia tolto il link a leiweb per i servizi sul sesso che non sarebbero in linea con l’autorevolezza della testata.

Ora, a parte che conosco gente dall’altro capo del mondo che alla sola idea starà morendo dal ridere dato che definisce il corriere.it ‘stampa scandalistica’, tenendo conto che l’homepage di corriere.it è piena di tette e culi e link a TUTTI i calendari di nudi possibili e inimmaginabili (c’è un’intera sezione del sito!), che le foto del giorno sono per metà di attricette più o meno note e più o meno vestite e l’altra metà sono orsi bianchi nello zoo di non so dove e di sport più o meno conosciuti, che in questo momento in homepage c’è un interessantissimo servizio di importanza sociale e culturale sul fatto che Rossano dice che sta con Belen, nonché su Britney Spears che non esce la sera (ma con foto con tette un po’ di fuori che sia mai che a te lettore sfugga), sarà mica che il corriere.it è un po’ maschilista e crede che al sesso non solo pensino ma possano pensare solo gli uomini? E che al corriere.it c’abbiano nulla da fare? In quest’ultimo caso, io ho sempre il suggerimento di occuparsi un po’ della correzione di bozze, che secondo me corriere.it fa peggior figura ad essere pieno di errori di italiano che di link a siti che si occupano di quello che interessa alle donne. Tra cui – ommioddio! – c’è anche il sesso (ma non diteglielo che magari si traumatizzano).

sempre più senza parole su questo stato (minuscolo)

Dal Corriere.it:

Su «Io Donna» SABATO in edicola
«I miei anni di vita fantasma»
Ha lasciato la Calabria nel ’97, di notte, i figli avvolti nelle coperte. Per la prima volta esce dal buio la moglie di un imprenditore che ha sfidato la ’ndrangheta

Marisa, moglie di Pino Masciari, 43 anni e due figli di 12 e 13: per loro, la vita clandestina è la normalità

Di quella strana giornata in caserma a Lamezia Terme, Marisa non conserva ricordi emotivi, solo immagini. Un questionario da compilare. La prospettiva, disegnata con apparente fermezza, di un limbo di sei mesi, un anno al massimo. Un funzionario del ministero dell’Interno che le rivolgeva una domanda retorica («Ci tiene alla vita dei suoi figli?») mentre lei sedeva attonita e svuotata con la bambina attaccata al seno. Tre giorni dopo, il segnale: stanotte si parte. Le valigie riempite in fretta, un fornello da campeggio e un pentolino per scaldare pappe in emergenza. Caricati su un furgone per destinazione ignota, i bambini avvolti nelle coperte. Dieci ore di viaggio per trovarsi in una casa piccola «con la cucina sporca e le impronte di sudore sui cuscini». Quattro traslochi in pochi mesi, infine la casa che Marisa abita da dieci anni, in località segreta, e sembra impossibile ma ancora non riesce a svuotare scatoloni, a riporre biancheria, a esporre le foto di famiglia nelle cornici buone, come abbandonata nel suo tempo sospeso. Da quella notte del 17 ottobre 1997 suo marito è un fantasma, lei e i due figli con lui: congelata in un eterno presente, così si dipinge, sommessa e rabbiosa, al tavolo di un bar in una città dov’è di passaggio per sbrigare una delle mille faccende burocratiche che le avvelenano la vita. È la prima volta che accetta di parlare, di aggiungere la sua storia a quella, più nota, del marito: Pino Masciari, oggi testimone di giustizia, ieri tra i maggiori imprenditori calabresi, che si ribella al pizzo e denuncia, facendo processare (in molti casi condannare) 41 affiliati a quattro potenti famiglie di ’ndrangheta, e anche un magistrato.

Quando il ministero dell’Interno lo esclude dal programma di protezione, nel marzo 2005, nonostante i processi non siano finiti e il pericolo di vita, per chi scoperchi un intero sistema criminale, non possa considerarsi a termine, Masciari comincia a gridare. Fa ricorso al Tar del Lazio che si pronuncerà, con incredibile ritardo, il 18 dicembre. Apre un blog www.pinomasciari.org, gira l’Italia a parlare di legalità, invitato da associazioni, scuole e Comuni, e diventa uno scomodo ossimoro: un testimone di giustizia famoso, che cerca protezione nella visibilità e nella solidarietà che tanti gli stanno dando. Marisa ha condiviso ogni sua scelta. È la sua ombra e le sue fondamenta. Senza di lei, dice Pino, senza la sua fermezza, non avrebbe mai deciso di denunciare. Quarantatré anni, elegante, occhi azzurri speciali e una magrezza che, confida, deriva dai disturbi alimentari esplosi dopo lo strappo. La sua vita precedente era la laurea in odontoiatria con 110 e lode, lo studio dentistico avviato con il fratello, la grande casa a Serra San Bruno, in provincia di Vibo Valentia, ville al mare e in montagna, due tate per i figli, amiche, una famiglia numerosa e unita. Quando il marito è strangolato dalle cosche, che gli incendiano i capannoni e gli gambizzano il fratello, e una giudice di Vibo Valentia (poi arrestata nel 2006 nell’operazione anti ’ndrangheta «Dinasty-Do ut des») gli sentenzia il fallimento per un ammanco ridicolo rispetto all’entità dei suoi appalti, Marisa lo incoraggia a non subire più. «Non immaginavo una gestione così improvvisata delle nostre vite, che avevamo riposto con fiducia nelle mani dello Stato». Oggi lei passa le giornate accompagnando i figli a scuola, facendo la spesa, guardandosi attorno in continuazione. Pino ha avuto la scorta solo per alcuni spostamenti, lei mai.

Vivono con il contributo statale previsto per i testimoni di giustizia («1.600 euro al mese»), ed entrambi impazziscono senza lavorare: «Il ministero mi ha autorizzato a esercitare la mia professione, stanziando una somma affinché apra uno studio dentistico, ma dovrei farlo a mio nome. E sarebbe come dire ai mafiosi: venite ad ammazzarmi». Carte alla mano, Marisa elenca episodi che ha vissuto come illogiche vessazioni: «Dicono di avermi trovato un posto in una Asl, ma a 70 chilometri da dove sto, come se per me fosse semplice allontanarmi dai miei figli. Mi hanno persino autorizzato a iscriverli a scuola con i veri nomi. Abbiamo alcuni documenti di copertura, sugli altri compare la nostra identità: non li hanno mai uniformati. Intanto dobbiamo nasconderci: Pino è stato operato d’urgenza di peritonite, si era trascurato per non presentarsi in ospedale con il suo nome. La vigilia di Natale del 2004, la Commissione centrale per la protezione dei testimoni non ci ha mandato gli auguri bensì una diffida a non creare conflittualità con il personale preposto alla nostra sicurezza; gli stessi che, quando Pino andava a testimoniare ai processi, parcheggiavano davanti ai tribunali calabresi l’auto con la targa della nostra località protetta… Giocano con le nostre vite. E io la paura me la sento addosso. Tanto varrebbe rientrare nella nostra terra, almeno avremmo i nostri affetti, la nostra casa. Ma ce lo hanno negato, dicono di non poterci garantire sicurezza laggiù. Perché qui, invece?». Sua madre, i due fratelli e la sorella, Marisa li ha rivisti solo due anni fa: lei e il marito sono passati per la Calabria rischiando, pur di incontrare le famiglie che nel ’97 li avevano immaginati in viaggio e dopo mesi di silenzio li piangevano come si piangono i morti. «I miei figli hanno conosciuto la nonna due anni fa. Per loro la clandestinità è la normalità: hanno 12 e 13 anni, non conoscono altra vita che questa. Quando erano piccoli ignoravano il loro cognome, poteva essere pericoloso, potevano riferirlo. Poi un giorno il maggiore ha detto: “Papà, io lo so che non fai davvero il poliziotto”. Ora sanno». È per loro che i Masciari non chiedono il cambio di generalità, che significherebbe trasferirsi ancora, cancellarsi. «La mia libertà, tanto, non la riavrò mai più».

Marisa si sente in esilio, «murata viva». La amareggia che il ministero dell’Interno, alle loro proteste per la «gestione burocratica delle nostre vite», risponda con le cifre stanziate, e previste per legge. Anzi, ai testimoni di giustizia andrebbe garantito un tenore di vita pari a quello goduto in precedenza: nel caso dei Masciari, che erano molto agiati, nulla è come prima. «Siamo trattati come pesi, non come risorse. Farci tornare in Calabria sarebbe la vittoria dello Stato: dimostrare che è in grado di proteggerci anche nella terra delle cosche. Darebbe un segnale importantissimo a tutti i cittadini per bene che vogliono denunciare ma hanno paura». Un giornale, intervistando Pino Masciari, ha titolato Dead man walking, uomo morto che cammina. «Fa male, ma è la verità. Tutti e quattro siamo bersagli. E lo saremmo di più se fossimo rimasi isolati, in silenzio: parlare, ricevere solidarietà da ogni parte d’Italia, ci restituisce almeno la dignità ». Agli incontri pubblici di Pino Masciari, ci sono tanti giovani a proteggerlo simbolicamente: a settembre il ministero dell’Interno lo ha infatti autorizzato a spostarsi «in piena autonomia » negandogli la scorta. Settimana prossima, diversi comuni piemontesi gli conferiranno la cittadinanza onoraria, come già hanno fatto Torino e Bologna. Marisa lo seguirà: a Ivrea, a Nichelino, a Cuneo, a Chieri. E forse, per la prima volta, anche lei parlerà davanti a una platea. Per buttar fuori, con voce carezzevole e sofferente, il suo senso dello Stato «tradito dallo Stato».

Emanuela Zuccalà
20 novembre 2008 (ultima modifica: 21 novembre 2008)

senza parole

veramente oltre ogni disgusto.

da qui:

Email che fanno male.

Alla CA. Gentile Direzione Carrefour di Assago

Mi chiamo Barbara e sono la mamma orgogliosa di un bambino autistico di quattro anni.

Nel Vostro sito, leggo della Vostra missione e soprattutto del Vostro impegno nel sociale.
“La nostra capacità di integrarci con il territorio in cui siamo presenti, di comunicare con le istituzioni locali e di sostenere progetti sociali e associazioni umanitarie si riscontra attraverso azioni concrete:

• Finanziamento della ricerca contro alcune malattie del XXI secolo
• Sostegno alla giornata nazionale indetta dal Banco Alimentare per la raccolta di generi alimentari
• Sostegno di iniziative umanitarie di vario tipo”

Lasciatemi dire che oggi nel punto vendita di Assago avete sfiorato la discriminazione punibile per legge.

Era previsto un evento che mio figlio aspettava con ansia: il tour delle auto a grandezza reale del film Cars.

Vestito di tutto punto con la sua maglietta di Cars, comprata DA VOI, oggi l’ho portato, emozionatissimo, ad Assago. Vista la posizione di Saetta, ci siamo avvicinati per fare una foto. Click, click, click, bimbo sorridente a lato della macchina. Avevate previsto un fotografo, sui sessant’anni, sembrava un rassicurante nonno con una digitale da 2000 euro, collegata a un pc dove un quarantacinquenne calvo digitalizzava un volantino carinissimo con le foto dei bimbi di fronte a Saetta, stampate all’interno della griglia di un finto giornale d’auto. Una copertina, insomma, che i bimbi chiedevano a gran voce e avrebbero poi incorniciato in una delle costose cornici in vendita nel Vostro reparto bricolage. Chiaramente, il mio biondino, che purtroppo per la sua malattia non parla (ancora), mi ha fatto capire a gesti che gli sarebbe piaciuto. Per quale ragione non farlo? Semplice, lo avrei capito dopo poco.

Attendo il turno di mio figlio, con estrema pazienza, e senza disturbare nessuno. Ci saranno stati una ventina di bambini, non di più. Non cento, una ventina.

Arriva il turno del mio piccolo, e non appena varca la transenna, resta il tempo di ben DUE SECONDI girato verso il suo idolo a grandezza naturale, invece di fissare l’obiettivo del fotografo. Mi abbasso, senza dar fastidio alcuno, scivolo sotto la corda e da davanti, chiedo a mio figlio di girarsi. Il fotografo comincia ad urlare “Muoviti! Non siamo mica tutti qui ad aspettare te” Mio figlio si gira, ma non abbastanza secondo il “professionista”. Gli chiedo “Per favore, anche se non è proprio dritto, gli faccia lo stesso la foto…” “Ma io non ho mica tempo da perdere sa? Lo porti via! Vattene! Avanti un altro, vattene!” Un bambino a lato urla “Oh, mi sa che quello è scemo” e il vostro Omino del Computer, ridendo “Eh, si! Vattene biondino, non puoi star qui a vita!” Mio figlio, che non è SCEMO, non parla ma capisce tutto, sentendosi urlare dal fotografo, da quello che digitalizzava le immagini e dalla claque che questi due individui hanno sollevato ed aizzato, si mette a piangere, deriso ancora dal fotografo che lo fa scendere dal piedistallo di fortuna che avete improvvisato davanti alla macchina, facendolo pure inciampare. A nulla valgono le imbarazzate scuse della guardia giurata,che poco prima aveva tranquillamente familiarizzato con mio figlio. L’umiliazione che è stata data dai Vostri incaricati, che avrebbero dovuto lavorare con i bambini, a un piccolo di quattro anni che ha la sfortuna di avere una sindrome che poco gli fa avere contatto visivo con il resto del mondo e non lo fa parlare, è stata una cosa lacerante. In lacrime, con il torace scosso dai singhiozzi, umiliato, deriso, leso nella propria dignità di bambino non neurotipico. Una signorina, con la Vostra tshirt, mi si è avvicinata per chiedermi cosa fosse successo. Alla mia spiegazione, dopo averle detto che il piccolo aveva una sindrome autistica, mi ha detto “Ma se non è normale non lo deve portare in mezzo alla gente“.

Son stata talmente male da non riuscire a reagire, ho dovuto uscire all’aria aperta, con il bambino piangente, per prendere fiato dopo tanta umiliazione.

Ho pianto. Dal dolore.

Questo è l’articolo 2 comma 4 della legge 67 del 1 Marzo 2006, a tutela dei soggetti portatori di handicap:

-Sono, altresì, considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti.

Vorrei sapere come intendete agire, se con una scrollata di spalle come i Vostri dipendenti, di fronte a un trauma che avete fatto subire ad un bambino che già dalla vita è messo ogni giorno a dura prova.

Manderò questa mail in copia alla segreteria dell’onorevole Carfagna, e alla redazione di Striscia la Notizia, oltre a pubblicarla sul mio sito personale.

Tacere non ha senso, e ancora minor senso hanno le umiliazione che io e mio figlio abbiamo subito oggi.

Firma.

 

una lettera aperta a caso non si nega a nessuno

Cara signora Sabina Guzzanti,
di cui non ricordo mai, ahimè, il volto, mi permetta di dire che mi rendo conto che la differenza tra insulti e critiche sia molto sottile e forse non alla portata di tutti, ma sostenere che è espressione di libertà dire ciò che si vuole in qualunque forma, compreso insultare chi esprime la propria opinione, è quantomeno segno di incoerenza.

Schopenhauer nei suoi 38 stratagemmi per ottenere ragione relegava l’insulto all’ultimo posto, praticamente solo nel caso in cui si avesse torto.
Argomentando al contrario, nel mio piccolo, ho sempre pensato che chi ricorresse all’insulto non avesse argomenti di sostanza da addurre, e, comunque, non un granché da dire.

Da persona di sinistra, anche se moderata, non dovrei più stupirmi di quanto i politici e i comici di sinistra (categorie ormai sempre più confondibili) riescano, per restare nel suo stile, a spararsi nelle palle da soli, ma mi conforta leggere che anche persone più autorevoli di me trovano cose del genere un tantino controproducenti.

Con immutata stima.