Archivio della categoria: di biblioteca

dediche sui libri

Facendo la bibliotecaria, ne vedo.

Per ora le perle sono

‘A Roberta che mi ha fatto crescere’

e

‘A me stessa, autrice di questo libro e della mia rotta’.

Non fanno testo normalmente i nomi strani. Ma, caro il mio autore, non posso non citarti se tra 9 persone cui dedichi la tua opera, la dedichi anche ad Ateo.

politicamente pigra

oggi in coda a pranzo con una delle mie colleghe preferite, donna in gamba ed intelligente di cui ho molta stima, vien fuori per caso parlando di Benigni-Ruby-vicessitudini recenti che lei è berlusconiana. Io un po’ ho obiettato, poi ho lasciato perdere, atteggiamento che ormai tengo in tutte le discussioni religiose non tra amici e che sto estendendo a quelle politiche. Mi è venuta rabbia però, perché è vero che è difficile e faticoso ma lei è donna intelligente e magari veniva fuori una conversazione interessante (dagli accenni e premesse però la cosa era in salita). Più probabilmente una litigata, che siamo due che non le mandano mica a dire.

Vabbè, cambiato argomento, pace e amen. Tornando dal pranzo però le ho detto che magari in futuro le riservo una serata Giorgio free e parliamo di politica e religione e tutto ciò che vuole, ma necessito di alcol io, ormai, per ‘ste cose.

Fatica.

signore e signori

vi parla la neoincaricata a presiedere la nascente commissione pari opportunità del posto dove lavoro.

 

Ta-dan!

suspense

Ho una notiziona ma non è ancora ufficiale o almeno non so se lo è 😛

 

(no non sono incinta)

richiestina

 Non è che fino alla fine della prossima settimana tutti tutti tutti incrociamo le dita per me?

era destino

mai visto E.R. fino a due settimane fa, e mi sono pure persa la puntata con George, mo’ me lo metto come sottofondo e il dialogo è questo:

dottore innamorato della poliziotta: – andava tutto bene finché non le hanno sparato! Non potevo innamorarmi di una bibliotecaria?
altro tizio: – la scorsa settimana ne hanno ammazzata una a Springfield.

Ho l’impressione di dover recuperare le serie precedenti.

rivelazioni

E’ una settimana che rimugino sull’ultimo post, sul fatto che il giorno prima avevo discusso con una non utente (cioè, non iscritta) che pretendeva di studiare lì e tanto a me che cosa mi importa, e sul commento di Iorek che in fondo è vero, ma chi me lo fa fare, e sul fatto che invece proprio non ci riesco. Avevo anche elaborato un’interessante teoria sul mio comportamento come ribellione inconscia al lassismo imperante e anche come ribellione politica antiberlusconiana – che comunque può tornare sempre utile.

Il fatto è che da due giorni sono in un altro istituto a sostituire un collega malato.
Qui non si sente volare una mosca.
Mi hanno chiesto se si poteva lasciare aperta la porta a fianco a me che cigolava, cosa di cui io non mi ero manco accorta, altro che disturbare.
I volumi sono in ordine perfetto perché gli utenti leggono il cartello che dice di non riporli.
Non devo discutere su nessuna regola del regolamento, né sui cellulari, né sui tesserini, né sulle borse (l’usanza è leggermente diversa qui ma più o meno ci siamo), e se putacaso devo rammentarle nessuno, nessuno, e ripeto NESSUNO si sogna di discuterle, ma si scusa (a volte vergognandosi pure un po’).
I docenti non solo si vedono qui e non chiamano per far eseguire i loro ordini, ma si vanno pure a prendere i libri da soli (tranne quelli molto anziani che a volte chiedono anche aiuto con le prenotazioni via computer, ma sempre senza pretese e scusandosi del disturbo), sono gentili, e addirittura fanno qualche battuta letterario-latinista con aria complice e non come se tu fossi una commessa schiava a loro disposizione. In più quando capiscono che non sei del luogo ti spiegano le particolarità della biblioteca e si scusano di seccarti se non sai dove si trova la tal sezione riservata (che, benché qui temporaneamente, comunque dovrei sapere…). Se poi vedono che sono incinta, si fanno in quattro per riporre loro i libri.

Un sogno. Un paradiso. Dovrei venire qui una volta a settimana come camera di decompressione per rendermi conto che la gente no, non è tutta come la mia utenza abituale.

Ma soprattutto allora… allora… NON SONO IO!!!

lavoro in una biblioteca finta

E’ un po’ che non aggiorno sui miei utonti, non perché non abbia da raccontare ma perché mi cadono le braccia tra docenti che si fan fare la fotocopia della dichiarazione dei redditi, assistenti che pensano di essere padreterni e studenti a ruota. Piattume di no non ti lascio il tesserino perché ti ruberesti la mia anima, no la borsa me la tengo perché portare due libri a mano mi ucciderebbe, no il cellulare è collegato inscindibilmente al mio orecchio, no il libro me lo tengo quanto mi pare e degli altri chi se ne frega. Degli altri chi se ne frega è il leit motiv.

Ogni tanto però delle perle.

Luogo: sala riservata ai tesisti di giurisprudenza muniti di computer (cosa scritta in evidenza a caratteri cubitali, con aggiunta ‘chiedere agli addetti’), con accesso di fronte al banco addetti.

Entra figliuolo con zaino e va sparato alla sala.

Io: Scusi, la borsa va fuori e il tesserino all’ingresso…
Niente. Noto le cuffiette e sento la musica. Vado nella sala.
Io (sorridendo, che tanto è l’unico modo): Se il suo ipod è così alto che non ha sentito che l’ho chiamata, allora è decisamente troppo alto per una biblioteca (sorriso).
Lui (strafottente): Ma lei ha mai lavorato in una vera biblioteca?
Io (smetto di sorridere): Sì. E lì non dovevo sentire risposte come questa. Abbassi la musica, porti fuori la borsa e mi porti il tesserino, grazie.

Il tipo esce, mi lancia un tesserino e va agli armadietti delle borse.
Io: Ho bisogno del tesserino universitario, grazie.
Glielo rendo, mi las(n)cia quello universitario e entra nella sala.
Guardo il tesserino: lettere e filosofia.

Entro nella sala.
Io (esasperata ma neanche troppo incazzata): Lei non può stare qui, la sala è riservata ai tesisti di giurisprudenza con computer, ogni dipartimento ha i suoi posti riservati quindi cortesemente vada al suo.
Lui (strafottente): Ma l’ho sempre fatto.
Io: Si vede che ci è sfuggito che non era di giurisprudenza. Devo chiederle di andare alla sua facoltà.
Lui (strafottente): Io non me ne vado.
Io: Non può stare qui.
Lui (strafottente): Chiami pure la vigilanza.

Esco (furente), e chiamo il mio capo.
Capo: Segui la procedura, manda il tesserino in direzione e avvertilo che dovrà andarlo a ritirare lì così gli fanno la lavata di capo.

Prendo il tesserino, sto per scendere e il tipo passa (avantindrè, avantindrè, che bel divertimento…).

Io (seccata ma calma): Dovrà ritirare il tesserino in direzione.
Lui (strafottente): Perché?
Io (???): Perché lei non può stare lì.
Lui: Non alzi la voce con me!
Io (??????): Non ho alzato la voce.
Lui: Non si permetta!
e mi tira addosso l’elenco delle riviste.
Intervengono il mio collega e due studenti dicendogli di stare calmo. Questo con sorrisino strafottente bello pacifico rientra e si rimette in sala.

Chiamo il mio capo, lo porta fuori, gli parla e indovinate un po’? Il tipo mezz’ora dopo mi fa sì le scuse, ma è di nuovo dentro bello pacifico.

Ma chi me lo fa fare.

e allora non mi paghi abbastanza

questa categoria è lo sfogo della bibliotecaria, si abbia pazienza, conforto e comprensione, grazie.

SS – vorrei il mio tesserino
Io – eccolo. Ah guardi che lei non poteva studiare qui, deve andare alla sua biblioteca di riferimento.
SS – mio padre paga seimila euro l’anno.
Io – anche i padri degli studenti di giurisprudenza.
SS – io la pago e faccio quello che voglio.
Io – no lei non mi paga, e se ha problemi vada in direzione.
SS – io la pago sì, e lei l’educazione l’ha imparata ad Oxford?
Io – no, ma di sicuro l’ho imparata meglio di lei.

non ho cuore di raccontare del sindacalista fannullone ma soprattutto stronzo, solo all’idea mi viene da vomitare, ma tanto Fede gli brucerà la macchina.