Archivio della categoria: dal ponte

vecchiolini allo sbaraglio/4

Dato che ormai so che nelle principali città europeee esiste, anche stavolta mi sono informata di dove fosse la chiesa italiana in modo da seguire la Messa capendoci qualcosa.
Addirittura stavolta era indicata sulla guida del touring, quindi il giorno prima di ferragosto (Messa di precetto) chiamo il numero di telefono indicato per sapere l’orario.
Mi rispondono (giustamente) in ungherese, io proseguo in inglese che ok che è la chiesa italiana ma magari chi mi risponde no, l’altra persona mi chiede (in inglese) se sono italiana, io intelligentemente rispondo yes, lui mi risponde (in inglese!) perché allora non parliamo italiano 😛
Insomma alle 10 del 15 agosto sono lì, d’accordo con Fede che mi raggiunge fuori intorno alle 11.
Siamo in 4 (più un mutevole numero di vecchiette), dato che a Budapest è giorno lavorativo.
Al termine della Messa, il sacerdote dice in italiano e in ungherese che come è tradizione della parrocchia italiana di Budapest, nella sala a fianco verrà servito del vero caffè italiano, se vogliamo andare ecc. (il che è anche logico dato che una comunità italiana all’estero serve anche a conoscersi e fare da supporto).
Io che non riesco a bere nessun caffè che non sia della moka o del bar italiano, no solubile no nescafè no altro, alle parole ‘caffè italiano’ non capisco più niente e mi fiondo dimentica del marito (che fortunosamente mi troverà più tardi).ò

Mentre sto per entrare sento da uno degli altri 4: ‘ma tu scusa lavori in C.?’
Collega che ha sposato ungherese.
Siamo ovunque.

 

A domani con l’ultima parte.

vecchiolini allo sbaraglio/4

Una volta deciso che pensavamo forse magari se ce la facevamo di andare a Budapest, tutto il mondo ci ha detto a) è bellissima b) non perdete il Parlamento.
Al punto che mia zia, non esattamente una tecnofila, mi ha mandato un sms apposta.

Indi per cui, una volta arrivati, vedere il Parlamento ungherese era un must (subito sotto alle terme, ovviamente).
Essendo una brava bimba diligente, prima di partire mi ero anche stampata la pagina con le info, dalla quale si deduceva che a) non si poteva prenotare b) i cittadini europei non pagano c) la visita guidata in italiano si tiene alle 11.30.
Per cui ci avviamo bel belli verso il Parlamento dove arriviamo alle 10 pensando che in un’ora e mezzo hai voglia.

Dunque funziona così. Tu arrivi fuori dal Parlamento, fai il giro finché non vedo una fila lunghisssssssssssima tuuuuuuuuuuutta sotto il sole che termina prima del cortile, vai all’inizio della fila, leggi il cartello nelle varie lingue con gli orari delle visite guidate nelle varie lingue, per sicurezza chiedi al soldato di guardia che ti dice che no, non è la fila per entrare ma sì, è la fila per comprare i biglietti ma sì, i cittadini europei non pagano ma no, non possono presentarsi alla visita guidata, devono comunque fare la coda per comprare i biglietti che poi non pagheranno, poi ti fornisce eventuali informazioni contingenti (tipo nel nostro caso che i biglietti per la visita delle 11.30 sono finiti ma meglio prendere subito quelli per la visita delle 4), ti rimanda in fondo alla fila e aspetti.
Aspetti.
Aspetti.
Aspetti perché in pratica funziona che il primo della fila passa, attraversa tuuuuuuuuuuuuutto il cortile, entra nella biglietteria, compra i biglietti e/o li prende e non li paga, esce, ripercorre tuuuuuuuuuuuuutto il cortile, arriva all’inizio della fila e SOLO ALLORA il soldato fa entrare il successivo. Si va dai 5 ai 10 minuti a biglietto.

Dopo 90 minuti circa è il nostro turno. Partiamo baldanzosi e confortati dal fatto che cmq quella delle 11.30 ce l’eravamo ormai persa. Arriviamo alla biglietteria. La sciura angloparlante ci dice che i biglietti per le 11.30 sono finiti. Ok. Anche quelli per le 4 sono finiti. Rimangono solo quelli per la visita guidata in spagnolo delle 12.30. Noi ci perplimiamo. Fuori ci saranno almeno 200 persone di tutte le lingue e nazionalità cui nessuno ha detto NULLA. Diciamo vabbè. Li prendiamo per domani. La signora dice che non si può. Io chiedo, per sicurezza, parla in inglese, magari non ho capito bene, come non si può? Fede che è molto anglofono mi conferma che non si può.

IO ESPLODO.

What? We waited outside there for ONE HOUR AND A HALF and nobody told us and all the other people out there that the tickets finished, and now WE CAN’T TAKE THE TICKETS FOR TOMORROW?

Fede cerca di calmarmi e di spiegarsi più chiaramente, sempre in inglese. La sciura si altera e comincia a ripetere: I don’t speak italian (!).
Fede le risponde che we were speaking english e mi trascina via.

Usciamo e avvisiamo NOI (lo spirito dei servizi al pubblico si spezza ma non si piega!) tutta la fila, e ce ne andiamo dopo aver buttato una mattinata. Mi accorgo che ho il segno dei Birkenstock: mi sono abbronzata in coda a una biglietteria.

La mattina dopo siamo lì alle 9 con aria cattiva, facciamo la fila per un’ora, prendiamo i biglietti per le 11.30 e scopriamo* che i gruppi (leggi: più di una persona) POSSONO prenotare (non si sa come).

Il Parlamento è stupendo, ma se scoprite come prenotare è meglio.

* lo scopriamo quando sto per assalire una giuovine pulzella americana che saltava la fila.

[continua]

vecchiolini allo sbaraglio/3

Arriviamo a Budapest nel tardissimo pomeriggio. Decidiamo di dirigerci all’ufficio del turismo, dove ci han detto che è presente un centro di prenotazioni per dormire (tipo che tu arrivi, gli dici dove vuoi stare e cosa vuoi spendere e loro selezionano e prenotano per te).

Chiara ci porta a destinazione, per posteggiare è un delirio, tutto a pagamento e occupato, sbattiamo la macchina in un posteggio sotterraneo a caso e ci fiondiamo all’ufficio prima che chiuda. In realtà è un ufficio a parte lì a fianco, cui ci rimandano, e la gentilissima (e bellissima) signorina che lo gestisce non solo non ci chiede dove e quanto ma sbarra gli occhioni e ci dice (in inglese) che PROPRIO quel giorno lì inizia a Budapest un grande festival di musica gggiovane e non c’è un buco. Dice che forse ma forse c’è ancora un posto in una pensione, un po’ fuori ma collegata benissimo al centro con la metropolitana, e alla peggio c’è il campeggio, dove hanno anche i bungalow.
Decidiamo di vedere se c’è posto alla pensione e se no andiamo al campeggio (che però è collegato malissimo e a cui non si può telefonare per sapere se c’è posto). La signorina chiama la pensione ma non risponde, insomma ci andiamo a fare una birra e al nostro ritorno ci dice che c’è posto per una notte. Poi vedremo.

Andiamo a prendere la macchina e scopriamo che abbiamo pensato bene di posteggiarla nel parcheggio sotterraneo dell’albergo più lussuoso di Budapest, che per un minuto ci hanno addebitato anche la seconda ora, e che lo pagheremo più di una cena. Scopriremo più avanti che tutti i posteggi in strada alle 6 smettono di essere a pagamento quindi avremmo potuto anche non pagare nulla.

Ci dirigiamo quindi un po’ incavolati verso la pensione. Periferia, vialone a 4 corsie per parte, palazzi scrostati. Vediamo il civico, posteggiamo all’angolo, e torniamo al civico. E’ buio. Spingiamo un cancelletto scrostato e arriviamo a un portoncino fatiscente. Suoniamo, viene ad aprirci un signore non anglofono e dall’aria poco rassicurante – o quantomeno cordiale, attraversiamo un cortile con giardino incolto tipo giungla e finiamo in quello che si rivelerà essere un ostello in palazzina ristrutturata e decisamente pulita, dotata di internet (che non riusciremo mai ad usare) e viavai giovanile (causa del mancato uso di internet troppo affollato), in cui passeremo tutti gli altri nostri pernotti MA cambiando stanza OGNI NOTTE causa prenotazioni dei partecipanti al festival di musica gggiovane. Addirittura una notte finiamo nella doppia con bagno (per il quale pagheremo ben 2 euro in più) ma che affaccia sulla ferrovia – molto transitata. Torneremo con sollievo alla tripla con bagno al piano.

Dopo una cena tipica ungherese compresa di zuppa fredda di frutta (l’unica cosa che non mi è piaciuta del cibo ungherese) crolliamo sul lettuccio.

I giorni successivi li passeremo a cercare di entrare al Parlamento, impresa non da tutti: riusciranno i nostri eroi?

[continua]

vecchiolini allo sbaraglio/2

Dopo aver visto pigramente Trieste e Miramare, ripartiamo alla volta della Slovenia. Prima di passare il confine visitiamo la Grotta Gigante (stupenda) poi ci perdiamo volontariamente nei pressi di Postumia e ci fermiamo a dormire in un vero B&B nella campagna tra il bellissimo castello di Predjama (credo) e Postumia. La mattina dopo, grotte. Se vi capita, lasciate perdere. Costano un botto, ti fanno correre dietro la guida, che non aspetta per spiegare, e in fondo a Gardaland è più divertente (mi dicono).
Proseguiamo verso Lubjana (deliziosa davvero), e poi verso Maribor, vicino alla quale ci fermiamo a dormire prima di passare in Ungheria. Nel frattempo io sono vittima di uno dei miei periodici e plurigiornalieri  attacchi di emicrania, ma si prosegue stoicamente.
Riassunto della Slovenia: paesaggi bellissimi, ideali per chi ama camminare in montagna, benzina sigarette e ristoranti economicissimi, costi per dormire decisamente sproporzionati.

Decidiamo di arrivare a Budapest passando a nord del lago Balaton quindi prendiamo la statale.
Il lago Balaton è molto verde. Pensiamo di fermarci a fare il bagno. Dopo lunghe contorsioni per metterci il costume che intelligentemente non avevamo indossato al mattino, raggiungiamo la spiaggia che pare essere tutta a pagamento tranne un pezzetto oltre un bellissimo e verdissimo prato. Ovviamente, i due italiani in vacanza decidono di attraversare il prato, scavalcano un fossatello e vengono letteralmente assaliti da NUGOLI di insetti agguerritissimi e brutti, anzi diciamo proprio cattivi cattivi.
I due italiani in vacanza scappano e si tengono ben lontani dalla riva del lago per il resto DELLA LORO VITA.

Dopo un tardivo e ristoratore pranzo a Balatonfured con il cameriere più gentile ed onesto che abbiano mai incontrato (e mai più incontreranno), stanchi decidono di saltare le ulteriori tappe e filano diretti a Budapest.

[continua]

vecchiolini allo sbaraglio/1

Non siamo partiti allegri, ma alla fine siamo partiti.

Dopo aver eliminato le varie opzioni (Singapore, Sardegna, Grecia, lastminute poi lastsecond e via andare) ci siamo infine decisi per un bel ‘partiamo all’avventura verso Budapest ma magari neanche ci arriviamo, con tenda al seguito e spirito libero’.

Coerentemente, abbiamo cominciato la vacanza all’avventura-tenda-spiritolibero con due notti al B&B di lusso zona Treviso che ci avevano regalato due delle mie testimoni per il matrimonio. Accoglienza squisita, bevuto benissimo, mangiato divinamente, girellato tra Treviso e ville. Unica pecca: zanzare tigre agguerritissime (ho ancora i gibolli dopo 15 giorni).

Dopo questo spericolato inizio, partiamo e ci dirigiamo pigramente verso Trieste passando per Oderzo, Aquileja e Grado lungo la statale:
– ci lamentiamo tutto il tempo di quanto è brutta la statale (poi abbiamo saputo dell’incidente sulla A4 più o meno quando ci dovevamo passare noi).
– ci becchiamo una grandinata che levati, mentre eravamo nella basilica di Aquileja vengono giù chicchi grandi come il mio pugno: la macchina empatizzando presenta gibolli anche lei.
– arriviamo al campeggio a Trieste seguendo il navigatore (che ormai è di famiglia e viene chiamato Chiara) per una strada talmente stretta ma soprattutto ripida che il motore quasi si fonde tra nubi di fumo.

Poco prima di arrivare al campeggio comincia a piovere. Io son vent’anni che non vado in tenda (abbiamo optato per campeggio in caso di emergenza e/o comunque a Trieste in quanto collegato benissimo con il centro senza dover spostare la macchina). La tenda è di mia sorella che però l’aveva prestata a un’amica che non l’aveva avvisata che a) il palo reggingresso è rotto e b) c’è il numero minimo indispensabile di picchetti. Fede riesce a montarla benché c) si rompa la fettuccia che tende uno dei quattro angoli.

Dormiamo sotto pioggia e vento (Io: Fede ma se vola via la tenda? Fede: Impossibile, ci siamo dentro noi a fare da peso).

La mattina dopo ci svegliamo sotto il sole. Io con un occhio gonfio che non riesco ad aprire. Secondo Fede è sicuramente una puntura di qualcosa, io tendo a concordare. La farmacista in centro a Trieste no, non vede segni di puntura, dice che non vuole rischiare di darmi la cosa sbagliata se per caso è un’infezione e mi manda al pronto soccorso. Passata la mattina al pronto soccorso, la gentilissima oculista mi dice che è una puntura e mi dà una pomata. Mentre esco mi chiama mia mamma.
Mamma: ciao come state?
Io: No bene, è che sto uscendo dal pronto soccorso-
Mamma: Oddio LA TROMBA D’ARIA!
Io: Quale tromba d’aria?
Il mio ribattesimo in tenda è avvenuto sotto il margine di una tromba d’aria che a Grado, pochi chilometri più in là, ha ucciso due campeggiatori.

Tranquillizzata la mamma, ci dirigiamo verso l’ufficio del turismo per avere tutti gli orari in modo da ammortizzare i tempi e recuperare la mattinata. Arriviamo in piazza Unità d’Italia. Ogni lato della piazza sarà lungo 50 metri almeno. Troviamo l’ufficio del turismo. Chiuso. Perché la tromba d’aria ha fatto cadere un pezzo di cornicione proprio lì davanti.
A quel punto ci dirigiamo a incontrare D. e farci raccontare un po’ degli USA: magari ha visto un tornado.

[continua]

mi correggo

…la mia vita può sembrare noiosa, ma come può esserlo quando la divido con uno così:

conversazione 6

Suona il telefono di casa.
Fede guarda il display e mi dice ‘E’ G.’ e risponde.
Intanto io finisco di leggere la posta online, mentre la partita che Fede ha voluto vedere a tutti i costi continua a passare in tv.
Passano 5 minuti.
F. – blablabla anobii blablabla
In effetti potrei aggiornare anobii, ma poi non mi va di lasciarlo a metà per rispondere al telefono.
Passano altri 5 minuti.
F. – Ah ma dai blablabla c’era anche blablabla davvero? blablabla
L. – Dì a G. che poi deve ripetere tutto eh!
Picchietto le dita sulla tastiera.
Passano altri 2 minuti.
L. – Uffaaaaa.
F. – blablabla (?)
L. – Mi annoio. Monopolizzi il telecomando E gli amici che chiamano! Son venti minuti!
Il telecomando plana verso di me. Figurati se cambio canale durante la partita che ci teneva tanto a vedere. Uffa.
Passano altri 2 minuti.
F. – Sì ci sentiamo ciao.
Mi passa il telefono.
F. – E’ per te!

Quest’uomo mi fa ridere da morire.

conversazione 5

stiamo guardando love bugs.
Lei ha preparato il cibo per le cene dei prossimi tre mesi pianificate con anticipo, cucinando il tutto alle 8 del mattino di sabato (ha ha): lasagne, ecc.
Fede comincia a picchiarmi sul ginocchio col dito.
Pic. Pic. Pic.
Io: – sì beh, hai visto che cucina che ha lei?
Lui: – Lei se la merita.

D’ora in poi si mangia fuori!

conversazione 4

Zappingando (io) finiamo su un film ignoto in cui c’è coso, Duchovny, il tipo di X-Files insomma.

Duchovny (parlando della tipa con cui sta): mah non so se sposarla. Non mi fa ridere.
Io: Io ti faccio ridere?
Fede: Sì. Cioè: no! Intendevo…
Io: MI sa che è una di quelle domande per cui non c’è una risposta giusta…

caput mundi

Ci si prospettano ben due viaggetti a Roma nel giro di sei mesi causa ben due matrimoni.

Oh ma che dolore, oh ma che dispiacere 😛