Una settimana fa circa ho compiuto gli anni.
Il giorno dopo ho portato i dolcetti in ufficio, così magari socializzo un po’ (e se non ci sono ancora riuscita io, avete un’idea dell’ambiente, con le ovvie debite eccezioni, ma ne riparleremo).
Il nuovo collega arrivato mentre ero in maternità mi chiede se può chiedermi che età ho.
Con nonchalance, giuro, non li ho proprio sentiti quest’anno, anzi diciamolo, io non li sento mai, gli dico tranquillamente 36.
Vedo la sua faccia.
Una faccia innanzitutto un po’ sorpresa (grazie), ma principalmente la faccia di uno che vede davanti a sé una trentaseienne.
Che c’è di strano: ho 36 anni.
Ho. 36. Anni.
Era la faccia che ho io quando qualcuno mi dice che ha 36 anni: una persona adulta. Responsabile. Grande.
Che ha pure un figlio, quindi tutto nella prevedibilità.
Cioè, lui mi vede così. IO mi vedo così, cioè mi vedrei così se non fossi io, insomma io vedo così i trentaseienni.
Ma ecco, il fatto è che non sono io. Io non sono grande! Non sono adulta! Sono cresciuta? E quando è successo? Se l’età che si ha è quella che ci si sente, io ne ho, toh, 30.
Neanche tanti meno.
Un’eternità.
(continua)
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