Un paio di settimane fa esco con Giorgio in carrozzina e decido di ascoltare la radio nell’auricolare del cellulare, che se io canticchio lui si diverte molto. Radio Capital ha su la recentissima e caruccia Meet me halfway di cui so qualche parola, indi per cui mi sento un po’ mamma gggiovane e tttrendy, oltre che molto donna demente che canta da sola.
Lunedì decido di ripetere, pronta a sentirmi sì demente ma anche donna moderna nonché mamma gggiovane e tttrendy, infilo l’auricolare, clicco sulla radio e mi parte Hey Jude.
Hey Jude.
1968.
Non ero ancora nata, ma non mancava poi molto.
E sapevo tutte le parole.
Vediamola così: dopo aver insegnato a mio figlio che ci si incontra a metà strada, sono passata a dirgli di non portare il peso del mondo sulle spalle e che può migliorare le cose (insomma, le canzoni, ma non sottilizziamo). Oltre che, ovviamente, non deve rattristare la sua mamma. Niente male.
And anytime you feel the pain,
Hey Jude refrain,
Don’t carry the world upon your shoulders.
For well you know that it’s a fool,
Who plays it cool,
By making his world a little colder.
Hey Jude don’t let me down,
You have found her now go and get her,
Remember (Hey Jude) to let her into your heart,
Then you can start to make it better.
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