ricevo questa mail:
soggetto: non mi hai raccontato che ti era successa questa cosa
testo: questo link il cui contenuto riporto:
Buongiorno, di Massimo Gramellini
A me non conviene
Il treno sta arrivando in stazione. Un giovanotto con la mascella da manager abbassa il finestrino e guarda fuori, alla ricerca di qualche faccia conosciuta. Soddisfatto, recupera la sua ventiquattrore dal bagagliaio e si accinge a scendere. «Scusi, ma conviene chiuderlo, quel finestrino, altrimenti chi salirà dopo di noi morirà di freddo», suggerisce con linguaggio felpato e volutamente impersonale un signore dall’aria serafica. Il giovanotto gli rivolge uno sguardo strafottente: «A me non conviene». E se ne va. Nessun passeggero sembra fare caso a questo episodio di ordinaria solidarietà fra le genti, tranne una ragazza energica che aiuta il signore dall’aria serafica a richiudere il finestrino e intanto commenta: «Lei è troppo buono. Al suo posto, io gli avrei tirato un calcio in mezzo ai calzoni» (non dice proprio calzoni, ma ci siamo capiti).
Da questo aneddoto, raccontatomi da un lettore, un pessimista trarrebbe lo spunto per celebrare i funerali dell’umanità. Se persino in tempi di crisi il menefreghismo prevale sulle forme più elementari di educazione civica, le speranze di veder sopravvivere la convivenza sociale sono ridotte al lumicino. Ma chi è condannato dal titolo della rubrica a concedere sempre un’ultima chance all’ottimismo, non può non guardare con simpatia alla ragazza energica. Che diventi mamma al più presto per educare la prossima generazione di calzoni, ricorrendo ai metodi che riterrà più appropriati all’immane compito. A noi conviene.
commento nella mail: sei sicuramente tu la cattivona che ha detto quella cosa
Magari. Me ne vanterei.
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