Oggi a Milano c’era un’udienza processuale. Un’udienzina eh, niente di trascendentale. Non posso riportare chi mi ha raccontanto ‘sta storia e non ho trovato nulla in rete, quindi la riporto col beneficio del dubbio, però poi non chiediamoci perché i processi durano anni… detto questo, è da ieri sera che rido.
I FATTI.
Nel 2001 max inizio 2002 un simpatico (così, a prescindere) consigliere di zona ha un’idea: facciamo qualcosa per raccogliere fondi per l’11 settembre (la motivazione è cmq irrilevante). Detto, fatto: qualcuno del Teatro Verdi lo sente e detto, fatto, d’acordo col Comune organizza un concerto. Chiama una compagnia orchestra o non so cosa, vende i biglietti, e già che c’è espone l’opera di un artista. Opera fatta (dettaglio NON irrilevante) di tubi messi insieme con delle viti; l’opera è poi destinata a New York.
Il concerto si fa, i soldi vanno oltreoceano, piccolo particolare: l’opera non ci va. Dopo due anni l’opera è ancora lì.
Oggi però l’opera non la si può vedere. Perché qualcuno (io immagino un simpatico portiere del Teatro Verdi che non riusciva ad entrare ma può essere anche un passante seccato) per fare spazio piglia su UN CACCIAVITE e smonta l’opera.
L’artista ha chiamato in causa il teatro che ha chiamato in causa il Comune e poi non so chi ha chiamato in causa la compagnia/orchestra che ha fatto il concerto due anni prima (!) e non so chi altro ha chiamato in causa pure il consigliere di zona che un mattino invernale di cinque anni fa si svegliò e pensò di fare un qualche cosa per l’11 settembre e – mal glie ne incolse – lo comunicò a qualcun altro.
Ergo oggi si discuteva la seconda udienza di un processo con sei (6) parti in causa in cui la prova materiale è un cacciavite (non so se i tubi sono ancora da qualche parte).
Voglio stringere la mano al tizio del cacciavite.
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