Dal Corriere della sera del 18 luglio, In silenzio per Bagdad di Magdi Allam:
Il 95% delle vittime del terrorismo è composto da iracheni, di cui tre quarti civili. Il 90% cade per mano di Al Qaeda.
Com’è possibile che questa carneficina di innocenti possa essere considerata una "legittima resistenza popolare"?
Dopodomani, mercoledì 20 luglio, gli iracheni osserveranno a mezzogiorno un minuto di silenzio per commemorare le migliaia di vittime del terrorismo. Noi occidentali che cosa faremo? E i musulmani nelmondo che cosa faranno? E’ sensato che si inorridisca, si denunci, si reagisca alle bombe di New York, Madrid e Londra, e poi si assista imperturbabili, omertosi, inerti alle stragi di innocenti a Bagdad? Ormai dovrebbe essere evidente che siamo tutti testimoni e vittime di una guerra mondiale del terrorismo di matrice islamica, di natura aggressiva.
Una guerra che massacra ovunque e indiscriminatamente cristiani, musulmani, ebrei o altri, all’insegna di una ideologia che esalta il culto della morte. Allora perché non promuovere, aderendo all’iniziativa del parlamento iracheno, una mobilitazione mondiale contro il terrorismo? Un minuto di silenzio da osservare in tutte le capitali, in ogni angolo della Terra, per testimoniare la dissociazione dell’umanità intera dal nemico comune che attenta alla nostra vita e mina la nostra civiltà. Come si può non provare umana pietà per il centinaio di morti dilaniati dall’esplosione di un kamikaze e di un’ autocisterna carica di carburante davanti alla moschea di Musayyib il 16 luglio?
Come si può non rabbrividire per la strage di ventiquattro bambini, ad opera di un altro kamikaze, alla periferia di Bagdad il 13 luglio? Come si può non solidarizzare con le altre decine di vittime dei barbari attentati in Iraq perpetrati da ben 15 terroristi suicidi soltanto nelle ultime 48 ore? Guardiamo in faccia alla realtà: il 95% delle vittime del terrorismo sono iracheni, di cui tre quarti civili e un quarto militari e poliziotti; il 90% delle vittime cadono in attentati terroristici suicidi rivendicati dalla filiale di Al Qaeda diretta dal famigerato Abu Musaab al-Zarqawi; il 90% dei terroristi suicidi sono stranieri, di cui il 55% sono sauditi e il 3% provengono da Italia, Francia, Gran Bretagna, Spagna e Danimarca.
Ebbene come è possibile continuare a immaginare che questa carneficina di innocenti da parte dell’internazionale del terrore che s’ispira a Osama bin Laden possa essere considerata una «legittima resistenza del popolo iracheno»? L’ideologia nichilista che disconosce il valore della vita propria e altrui ha probabilmente toccato il baratro della perversione etica e della malvagità umana nell’azione del terrorista suicida islamico che si fa esplodere all’ interno o contro una moschea, ritenendo di farlo nel nome di Dio, nel luogo dove si prega Dio, per massacrare dei fedeli che condividono la stessa fede in Dio, nella certezza di ottenere da Dio la ricompensa della vita eterna.
Succede in Iraq ma anche in Pakistan e in Afghanistan. Ad opera di fanatici wahhabiti, la setta maggioritaria in Arabia Saudita, che ha condannato di eresia gli sciiti e ne ha legittimato il massacro. Si tratta di un torbido intreccio di aberrazione religiosa e orrore ideologico. Che si traduce nel culto della morte. Il Male che è alla radice degli attentati sia in Iraq s i a a N e w York, Madrid e Londra.
Abbiamo 48 ore di tempo per decidere di aderire a un’occasione rilevante tramite cui affermare la condanna dell’Occidente, dei paesi musulmani e del mondo intero nei confronti del terrorismo senza se e senza ma. Condividendo il minuto di silenzio proclamato in Iraq, lo Stato martire per antonomasia, trasformato nel fronte di prima linea della aberrante "guerra santa" del terrorismo islamico globalizzato.
Le premesse in Italia non sono incoraggianti. L’8 luglio c’erano solo 200 persone in Campidoglio a commemorare le vittime degli attentati di Londra. Il 18 marzo 2004, sempre in Campidoglio, erano ancora meno quelli che parteciparono alla manifestazione per le vittime della strage di Madrid. Eppure due giorni dopo, il 20 marzo 2004, un milione di persone sfilarono a Roma nel primo anniversario della guerra in Iraq. Finora gli italiani si sono rivelati più sensibili a manifestare contro gli americani che contro il terrorismo. L’auspicio è che il 20 luglio 2005 possa segnare una svolta nella mobilitazione internazionale contro il terrorismo.
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